Sezione Storia
SOTTO LA "SABBIA" DI TRIPOLI


      Uno stato di guerra con molti “se” e moltissimi “ma” sta attanagliando la Libia. Il colonnello Gheddafi ne assunse il potere nel 1969, con un colpo di Stato che Curzio Malaparte avrebbe definito “tradizionale”, vale a dire utilizzando le forze armate dello Stato per impadronirsi dello Stato, le stesse che utilizza oggi per difendere il “suo” Stato, rispettando – probabilmente senza saperlo – le regole del grande scrittore ed analista politico dei tempi di Mussolini, un altro che di colpi di stato se ne intendeva, andando al potere ed uscendone sempre con “tecniche di golpe”, prima come autore e poi come protagonista “passivo”.

     Gheddafi al potere, dunque, alla fine degli anni Sessanta. Erano gli anni in cui gli schemi saltavano in aria, non reggendo alle nuove sfide: l´Uomo metteva il piede sulla Luna, piantando la bandiera USA, ma anche quella della Massoneria internazionale (http://tl2k.org/); moriva Ho Chi Min, “colui che ci illumina” in lingua Vietnamita; in Medio Oriente Arafat assumeva il ruolo di segretario della OLP, mentre Russia e Cina iniziavano pericolosi giochi di guerra sul fiume Ossuri; i giovani che volevano cambiare “tutto e subito” si riunivano per far musica a Woodstock e sulle loro teste volavano sogni ed anche il quadrireattore supersonico Concorde; usciva di scena il generale De Gaulle: aveva salvato la Francia prima dal nazismo e poi dal comunismo sovietico, ma “ai giovani del Maggio pareva normale,” cantava un poeta italiano, “maledetto” come Baudelaire e con fascino non dissimile, insegnando a guardare nell´abisso senza avvisare che anche l´abisso guardava i suoi osservatori, attirandoli dentro, come avvenne negli “anni di piombo”.

     Gheddafi non assunse formalmente nessun incarico di governo, tranne quello che gli permise di avere tutto il potere come “guida” della Rivoluzione. E la sua trovata deve essergli sembrata geniale, in quanto la riconferma tutt´oggi quando dichiara che egli non si puó dimettere come chiede la popolazione, in quanto non ha cariche da cui dare le dimissioni. Ma “geniale” non deve apparire alle forze coinvolte, sicché anche il colosso cinese si é scomodato per consigliare al colonnello di fare le valigie, finché resta tempo.
     Che l´uomo fosse fuori del tempo - e pure da un equilibrato stato mentale - era giá stato reso evidente dalle sue ultime apparizioni pubbliche, quando all´ONU gettó con disprezzo alle sue spalle i regolamenti di tale Organizzazione o come quando in Italia si presentó con decine di amazzoni-guardie del corpo, vestito come un antiquato portiere dell´Hotel Excelsior nel periodo di carnevale a via Veneto.

     Il vecchio sindaco della ridente cittadina di mare in cui vivevo in Italia, quando gli chiesi perché non avesse organizzato nessuna cerimonia di accoglienza per la visita un sultano di uno stato arabo, mi rispose tranquillamente che “quello” aveva meno cittadini del nostro comune e stentó a credermi quando gli feci notare quante migliaia di milioni di dollari entrassero al sultanato grazie al petrolio. “Sempre meno cittadini ha...”, ribatté convinto. Ci siamo ricordati di lui quanto a “Porta a porta” abbiamo visto Vespa chiedere incredulo perché i libici si ribellassero, considerando che il loro ingresso era quasi a livello europeo. Evidentemente anche il buon Vespa é stato “penetrato” da schemi analitici marxisti e crede ancora che si ribellino solo quanti “non hanno da perdere che le proprie catene”. La veritá é che “mala tempora currunt” per quanti ragionano ancora con la mentalitá di guerra fredda. Quando in Italia si parla dello sbarco sulla luna tutti ricordano la diatriba fra Ruggero Orlando a New York ed il suo interlocutore a Roma, un pezzo che fa parte della storia de Tv italiana. Ma nessuno si accorse – o fece rilevare - che Edwin Aldrin piantó anche un’altra bandierina, oltre a quella USA, sul suolo lunare, una bandiera con il simbolo di una societá segreta ed al contempo nota a tutti: la Massoneria, su cui non ci dilunghiamo per non appesantire queste riflessioni. Ma, per onestá intellettuale vogliamo comunque sottolineare che il rischio presente é che anche oggi si faccia la stessa cosa, cioé spettacolo invece di seria analisi política.
     Per cui vogliamo far rilevare che quando si parla di Libia si parla sempre ed ancora dell´Italia “imperiale” e degli interessi internazionali di allora sul canale di Suez e sul petrolio, ma nessuno ha ricordato che a Italo Balbo governatore della Libia venne regalata una scatoletta di sabbia con scritto sopra “non toccare”, proprio in riferimento al petrolio libico; e neppure si ricorda che al suo successore generale Graziani occorse lo stesso. Racconta uno storico italiano che quando fece qualche domanda sul petrolio libico a Graziani, questi si irritó moltissimo, poi ricordó forse che il giornalista-storico era amico di Ciano; allora si calmó e gli disse: “Se mi chiedete ancora del petrolio libico vi faccio fucilare”. Il generale non dimenticó, neppure in tal frangente, di usare il “voi” fascista e stese la sua mano protettrice sulla spalla dell´amico di Ciano, congedandolo.
     Di petrolio libico si parlava anche in campo alleato, a Teheran, per esempio. Qui Stalin provocó le ire di Churchill affermando che si dovessero fucilare almento 50 mila ufficiali nazisti, man mano che si facevano prigionieri, “as fast as we capture them”. Churchill balzó dalla sedia dicendo che tale proposta era un oltraggio al senso della giustizia occidentale e solo l´intervento pacificatore di Roosevelt poté lenire l´incidente. Non soddisfatto Stalin insistette in avere parte della Libia, per controbilanciare le reciproche influenze. La guerra fredda stava in tal modo nascendo mentre ancora non terminava la Seconda guerra mondiale.

     Né viene fatta menzione dell´affaire Mattei, al cui proposito alcuni, pochi dobbiamo dire, giornalisti-storici coraggiosi hanno parlato di omicidio nato nel mondo del petrolio. Guardando le immagini delle improvvise rivolte popolari in medio oriente non possiamo non ricordare quelle che portarono al golpe contro lo shah Reza Pahlavi, socio-amico di Mattei, tanto piú se ricordiamo che proprio in Iran cominciarono le prime sommosse, dopo le ultime elezioni e che, contrariamente ad ogni aspettativa proprio l´Iran ne appare oggi immune.
     Quali interessi si celano, dunque, dietro l´improvviso insorgere “democratico” di taluni popoli e l´altrettanto improvvisa pacificazione nazionale in altri paesi? La risposta forse si potrebbe trovare nella scoperta di chi e quali interessi portarono alla caduta di Reza Pahlavi e della sua “rivoluzione bianca”, quando a Teheran le ragazze arabe andavano all´universitá ed al lavoro vestite “alla Occidentale” senza essere fatte oggetto di tiro a segno con sassi o altro, mentre oggi vorrebbero andarci nelle cittá europee e vestite con burka o abbigliamenti simili.
     Se fossero vivi storici come De Felice o Montanelli o...Mach Smith o Giovanni Artieri (che viveva a Santa Marinella, a due passi da chi scrive), ed avessero vent´anni di meno, potremmo sperare di illuminare tali “buchi neri” nella storia non solo italiana. Per quanto ci riguarda non siamo certi di essere all´altezza di tali ricerche, pur tuttavia non ci ritiriamo e continueremo a dare il nostro contributo sperando che serva quanto meno da stimolo ai giovani che incominciano sempre da dove noi lasciamo e dunque mai da zero.

     Ed ai giovani suggeriamo lo studio di Ugo Spirito, “il piú significativo filosofo che si occupasse anche di economia”, come lo definisce il prof. Antonio Landolfi, e del suo “La rivoluzione nell´Iran” pubblicato nel 1975, che vendette oltre un milione di copie all´estero ma poche in Italia, a causa della “egemonia” di sinistra di gramsciana memoria che, pur senza padroni, continua a fare vittime quasi per forza d´inerzia. Notevoli spunti di riflessione possono anche trovarsi in “Addio rossa Saló”, di Enrico Landolfi, un´altra vittima letteraria della censura ideologica. A chi si meraviglia, come Alice, di tale censura ricordiamo che il nostro é l´unico paese europeo che é stato capace di uccidere, prima fisicamente e poi “cancellandolo” nella storiografia ufficiale, uno dei piú grandi filosofi mai esistiti, Giovanni Gentile, a mio parere l´unico pensiero politico che sia stato espresso in Italia dopo la teologia del Mazzini e la sociologia del Machiavelli.

      Dr. Franco Camarca                                                            5 Maggio 2011
Franco Camarca

    Psicologo sociale esperto in comunicazione di massa e problemi migratori. Scrittore. Ufficiale UNUCI A.M.




- "Cattedrali e scienza occultata", Sergio Costanzo
- "Il crepuscolo dell'impero", Gabriella Cetorelli Schivo
- "Vecchie mura, e nuove, nonostante, per il moderno spirito (Boccaccio)", Franco Camarca
- Alessandria d´Egitto nell´etá di Cesare, Franco Camarca
- Pubblicazione di Settembre 2006

Le pubblicazioni precedenti si trovano nella sezione Archivio di Arkeopolis.





Scrivi alla redazione
Clicca qui per scrivere alla redazione di Arkeopolis
Arkeopolis© DIRITTI RISERVATI. Riproduzione permessa se citata la fonte e l'autore dell'articolo. Le foto sono proprietá dei rispettivi autori come citati.WEBMASTER